Il decreto Rilancio ha introdotto la possibilità di monetizzare il superbonus del 110% e altre detrazioni d’imposta che spettano per lavori di ristrutturazione/recupero del patrimonio edilizio, ottenendo dai fornitori un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, oppure cedendo il credito a banche e intermediari finanziari. Le scelte operate dai fornitori producono diversi effetti, che devono essere rilevati nelle scritture contabili. In caso di sconto sul corrispettivo, quali possono essere le rilevazioni contabili che deve effettuare il fornitore?
Il decreto Rilancio ha introdotto (art. 121) la possibilità di “monetizzare” le detrazioni di imposta derivanti da interventi sul patrimonio edilizio, tra cui anche il superbonus del 110%.
In particolare, il contribuente che sostiene la spesa può, in luogo dell’utilizzazione diretta della detrazione:
– ottenere un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo, fino all’importo massimo pari al corrispettivo stesso, dovuto ai fornitori che realizzano gli interventi, recuperabile da parte di questi ultimi sotto forma di credito d’imposta per un importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari;
– cedere il credito d’imposta, con facoltà per il cessionario di successiva cessione ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari.
I lavori per i quali è possibile cedere le relative detrazioni sono i seguenti:
– lavori di recupero del patrimonio edilizio menzionati dall’art. 16-bis, comma 1, lettere a) e b), TUIR ovvero interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia effettuati sulle singole unità immobiliari nonché interventi testé descritti e quelli di manutenzione ordinaria effettuati sulle parti comuni degli edifici;
– lavori di miglioramento dell’efficienza energetica cui all’art. 14, D.L. n. 63/2013 (in
terventi di sostituzione degli impianti di riscaldamento o delle finestre comprensive di infissi, interventi sulle strutture o sull’involucro degli edifici e finalizzati congiuntamente anche alla riduzione del rischio sismico (ecobonus), nonché interventi di efficienza energetica che danno diritto al superbonus);
– adozione di misure antisismiche di cui all’art. 16-bis, comma 1, lettera i), TUIR;
– recupero o restauro di facciate degli edifici esistenti di cui all’art. 1, commi 219 e 220, legge n. 160/2019;
– installazione di impianti fotovoltaici di cui all’art. 16-bis, comma 1, lettera h), TUIR;
– installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici di cui all’art. 16-ter, D.L. n. 63/2013.
Alcuni dei suddetti lavori possono essere sostenuti anche da imprenditori; pertanto, le detrazioni e le eventuali monetizzazioni devono essere rilevate in contabilità. Detrazione 110%: le scritture contabili dello sconto secondo la circolare n. 24/E/2020
Il beneficio della detrazione può essere monetizzato mediante l’applicazione di uno sconto da parte del fornitore in misura non superiore al corrispettivo a lui dovuto. Per il fornitore, il minor incasso è recuperato attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta utilizzabile in compensazione attraverso il modello F24 e senza i limiti generali di compensabilità imposti dall’art. 31, comma 1, D.L. n. 78/2010.
La circolare 8 agosto 2020, n. 24/E ha fornito un esempio ipotizzando che, a fronte di un corrispettivo di 30.000 euro, venga ceduto un corrispondente importo da parte del beneficiario della detrazione. All’atto della riduzione del credito verso il cliente, il fornitore registrerà un credito di imposta pari al 110% del corrispettivo ceduto (i.e. 33.000) di cui 3.000 euro quale provento classificabile tra gli “Altri ricavi e proventi”, compreso nella voce A5 del conto economico. Tale beneficio è assimilabile per certi versi a un contributo in conto esercizio in quanto integra i ricavi dell’attività caratteristica o delle attività accessorie diverse da quella finanziaria (cfr. principio OIC 12, paragrafo 56 lettera f).
L’importo iscritto tra gli altri ricavi (i.e. 3.000) concorrerà a formare il reddito imponibile e il valore della produzione per il principio di derivazione giacché nessuna norma ne prevede l’esclusione.
Le imposte dirette sono state calcolate nella misura del 27,9% (24% IRES + 3,9% IRAP).Tale interpretazione fa leva su di un utilizzo non tecnico del termine “corrispettivo” indicato nel sopra citato art. 121 che viene qui inteso come “costo dell’intervento” per il committente dei lavori, generalmente un consumatore finale – persona fisica oppure condominio – che non detrae l’IVA. Così facendo, lo sconto copre l’intero costo dell’opera (IVA compresa) con conseguente attribuzione della totalità del beneficio al fornitore.
Qualora, invece, il corrispettivo si intendesse in maniera più aderente al concetto di cui all’art. 21, comma 2, lettera h), del D.P.R. n. 633/1972: “h) corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compresi quelli relativi ai beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono di cui all’articolo 15, primo comma, n. 2”), al netto dell’IVA, la soluzione sarebbe meno coerente con le finalità della norma.
Sul punto sarebbe auspicabile un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Detrazione 110%: le scritture contabili dello sconto secondo il provvedimento n. 283847/2020
La soluzione sopra descritta, come proposta dalla circolare n. 24/E/2020, deve essere coordinata con le prescrizioni del coevo provvedimento n. 283847 dell’Agenzia delle Entrate recante le disposizioni per l’attuazione degli articoli 119 e 121 del decreto Rilancio.
Nel provvedimento, infatti, si stabilisce (punto 3.1) che il contributo sotto forma di sconto è pari alla detrazione spettante determinata ai sensi del punto 3.3; a sua volta il punto 3.3 afferma che l’importo della detrazione spettante è calcolato tenendo conto delle spese complessivamente sostenute nel periodo di imposta comprensive dell’importo non corrisposto al fornitore per effetto dello sconto praticato.Tale interpretazione è in linea con l’accezione di cui sopra del termine corrispettivo, ovvero intendendo il corrispettivo comprensivo dell’IVA.
Quest’ultima conclusione sembrerebbe avallata anche dalla lettura della risposta a interpello n. 325 del 9 settembre 2020 ove si afferma che “il fornitore che applica uno sconto “parziale” acquisirà un credito d’imposta calcolato sull’importo dello sconto applicato”.
Inoltre, posto che l’intento sotteso alla fissazione dell’aliquota del 110% è quello di permettere il trasferimento del beneficio con uno sconto finalizzato a remunerare l’onere finanziario di attualizzazione del beneficio derivante dal recupero del credito di imposta in 5 anni, tale fine verrebbe certamente raggiunto nell’ipotesi di cessione della detrazione da parte del contribuente a banche e intermediari finanziari – ad un prezzo per esempio di 100 a fronte di un credito di imposta pari a 110 – ma potrebbe dirsi raggiunto se, secondo la soluzione indicata nel provvedimento n. 283847, il beneficio fosse ceduto al fornitore sotto forma di sconto.
Detrazione inferiore al110%: le scritture contabili dello sconto
Le modalità applicative appena descritte si ripropongono a fronte della monetizzazione di detrazioni inferiori al 110%.
Si ipotizzi che nell’esempio di cui sopra, a fronte di spese agevolabili per 30.000 (IVA compresa), spetti una detrazione pari al 65%.
È evidente che nel caso di detrazione diversa dal 110% l’applicazione della normativa dovrebbe essere quella imposta dal provvedimento, vale a dire la concessione di uno sconto pari al credito di imposta utilizzabile nei periodi di imposta successivi (i.e. 19.500 = 65% di 30.000).