Colosso della moda francese usa a fini commerciali opere d’arte italiane, mediante la loro riproduzione su capi di abbigliamento, inizia così la saga giudiziaria tra la galleria degli Uffizi di Firenze e la nota casa di moda francese
Le Gallerie degli Uffizi, il famoso museo statale di Firenze, hanno avviato un’azione legale contro la casa di moda francese Jean Paul Gaultier per uso non consentito né autorizzato del quadro “Nascita di Venere” che si trova nelle proprie sale
La tela, datata 1485, venne dipinta da Sandro Botticelli (Firenze 1445-1510) e raffigura l’approdo sull’isola di Cipro della dea dell’amore e della bellezza.
Nell’aprile di quest’anno sui social della maison sono apparsi dei post in cui veniva annunciata l’uscita della nuova collezione.
La collezione comprende capi raffiguranti diverse opere d’arte, tra le quali la “Creazione di Adamo”, affresco di Michelangelo Buonarroti facente parte della Cappella Sistina, nei Musei Vaticani a Roma, “Le tre Grazie”, dipinto di Pieter Paul Rubens conservato nel Museo del Prado di Madrid e, infine, proprio la “Nascita di Venere” di Botticelli. Le rappresentazioni delle opere citate sono l’elemento caratterizzante e inconfondibile della collezione, incentrata totalmente sul raffigurare quadri e affreschi ad una grandezza tale da coprire l’intero capo di abbigliamento.
Soltanto il museo di Firenze, ad oggi, ha reagito inviando alla maison francese una lettera di diffida intimandole di ritirare dal mercato i capi con l’immagine della Venere o, in alternativa, di mettersi in contatto con il museo per stipulare un accordo commerciale sull’uso di tale immagine. Disattesa tal richiesta le Gallerie hanno deciso di agire in giudizio per ottenere non solo il ritiro degli abiti ma anche il risarcimento del danno.
L’azione giudiziaria è basata su quanto previsto dagli articoli 107 e 108 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, il cosiddetto Codice dei beni culturali e del paesaggio, che disciplinano l’uso delle immagini di beni culturali di proprietà pubblica italiana, al fine di rendere economicamente vantaggioso qualsiasi utilizzo dell’immagine di un’opera d’arte il cui proprietario è lo Stato italiano.
Nello specifico, l’autorità che ha in consegna i beni pubblici può concedere il diritto di riprodurli, stabilendo il canone dovuto tenendo presente i mezzi e le modalità delle riproduzioni, il tipo e il tempo d’uso, nonchè la destinazione finale e gli eventuali benefici economici per il concessionario.
In assenza di un apposito accordo, l’utilizzo è illegittimo e può giustificare non solo l’obbligo di porvi fine, ma anche il diritto di ottenere un risarcimento del danno.
È opportuno chiarire che non è vietato in assoluto utilizzare le immagini riprodotte di opere d’arte conservate nei musei statali, ma è necessario trovare preventivamente un’intesa con il museo stesso che preveda il versamento di una certa somma di denaro.
La disciplina in commento non deve stupire, se si pensa che è perfino la Carta costituzionale che, al secondo comma dell’articolo 9, riconosce alla Repubblica il compito di tutelare il patrimonio storico e artistico della Nazione.
La norma è fondamentale non solo perché l’Italia è un paese ricco di opere d’arte, ma anche perché queste sono un vero e proprio patrimonio economico. Infatti, costituiscono un importante incentivo per il mercato del turismo interno e internazionale. Tutelare l’immagine e l’uso che di essa se ne fa è quindi fondamentale per poter garantire il sostentamento del museo o del luogo in cui si trova.
Per quanto riguarda i beni culturali, l’art. 2, comma secondo, li definisce come le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà, mentre l’art. 3 chiarisce che la tutela consiste nell’individuazione dei beni costituenti patrimonio culturale e nella garanzia di protezione e conservazione per fini di pubblica fruizione, operando anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale.
Il decreto contiene inoltre apposite previsioni in ordine alla protezione e conservazione dei beni culturali, alla loro circolazione, alla loro fruizione e utilizzo quali beni sostanzialmente economici; la fonte normativa, quindi, tra gli altri, ha lo scopo di stabilire le modalità di utilizzo pubblico ma anche privato delle immagini di beni di proprietà statale, in modo che ciò sia consono alla natura artistica dell’opera e che sia anche economicamente vantaggiosa per lo Stato.
In questo senso si è espresso di recente anche il Tribunale di Firenze, ricordando come “l’utilizzo dell’immagine di un bene culturale da parte di una azienda deve essere ritenuto idoneo a svilire l’immagine del bene facendolo scadere ad elemento distintivo delle qualità dell’impresa che, attraverso il suo uso, promuove la propria immagine, con uso indiscutibilmente commerciale, che potrebbe altresì indurre terzi a ritenere lecito o tollerato siffatto libero utilizzo”, e aggiungendo anche come il danno all’immagine dell’opera pubblica sia un danno anche immateriale al bene culturale per il suo valore collettivo. In altre parole, ogni uso che di un’opera d’arte viene effettuato deve essere rispettoso della natura culturale dell’opera stessa, qualunque essa sia, e non ne può minare l’importanza anche sociale che riveste.
È indubbio che Jean Paul Gaultier, usando senza alcun preventivo accordo con le Gallerie degli Uffizi le riproduzioni della Venere di Botticelli, abbia violato la disciplina del Codice dei beni culturali, traendo indubbio profitto, trattandosi di capi d’abbigliamento in vendita, dall’uso delle suddette immagini, da accertare inoltre se l’apposizione delle immagini di opere così rilevanti per il retaggio culturale italiano in capi di abbigliamento sia conforme alla natura del quadro. Si dovrà stabilire se la casa di moda francese di fronte all’azione legale del museo procederà con un accordo o se riterrà di difendersi in giudizio e, in quest’ultimo caso, ancora di maggior rilievo sarà approfondire quale posizione assumerà il tribunale adito.