L’amministratore di condominio deve assolvere svariati compiti ai fini della gestione del condominio.
Le sue attribuzioni sono complesse e delicate non esaurendosi nell’elenco di cui agli artt. 1130 e 1131 del codice civile, bensì ad esse devono aggiungersi i compiti ulteriori eventualmente imposti dal regolamento di condominio, dall’assemblea e da leggi speciali.
I presupposti necessari per una buona gestione del condominio sono il possesso della qualifica professionale e l’assolvimento degli obblighi di aggiornamento professionale da parte dell’amministratore (eccezion fatta per l’ipotesi di amministratore/condomino), la trasparenza e la possibilità di controllo della gestione da parte dei condomini. Per tali motivi, il rapporto che lega i condomini all’amministratore di condominio è un rapporto intuitu personae, basato cioè sulla fiducia e, dunque, destinato a venir meno in caso di comportamento negligente, in mala fede o in presenza di un conflitto d’interesse dell’amministratore.
In caso di inosservanza dei doveri normativamente imposti all’amministratore di condominio, la legge prevede delle conseguenze giuridiche che possono consistere nel risarcimento dei danni nei confronti del condominio o addirittura la revoca del suo mandato. In realtà, la richiesta di revoca può nascere anche da semplici ragioni di opportunismo (si pensi alla revoca dell’amministratore che percepisce un compenso troppo oneroso rispetto ad altri), anche in assenza dunque, di una giusta causa. I condomini devono chiedere all’amministratore di condominio di convocare l’assemblea, stabilendo come ordine del giorno la revoca e contestuale nomina del nuovo amministratore. Nonostante il potere d’impulso concesso ai condomini, l’amministratore non è obbligato a convocare l’assemblea di condominio straordinaria. Tuttavia, decorsi 10 giorni dalla richiesta di convocazione all’amministratore, la legge stabilisce che i condomini potranno autoconvocarsi, ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’amministratore di condominio non dovesse convocare l’assemblea straordinaria, quest’ultima potrà legittimamente essere convocata a richiesta da almeno due condomini che rappresentino (come minimo) 1/6 del valore millesimale dell’edificio. Qualora non venga deliberata la revoca dell’amministratore in carica a causa del mancato raggiungimento del numero per la votazione, il singolo condomino solo se sussiste una giusta causa potrà chiedere la revoca giudiziale.
Quale procedura per revocare l’amministratore?
Il legislatore all’art. 1129 c.c., comma 11, stabilisce che “la revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’art. 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità”. In sintesi esistono due diversi tipi di revoca: La revoca “assembleare”; La revoca “giudiziale”. Riguardo alla prima, i condomini hanno la facoltà di revocare in qualsiasi momento l’amministratore di condominio, a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. La procedura di revoca assembleare è la medesima prevista per la nomina dell’amministratore. Precisamente, il codice civile all’articolo 1136, quarto comma stabilisce che per le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore è indispensabile il quorum di cui al secondo comma dello stesso articolo, ossia il raggiungimento di un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio o con le modalità previste dal regolamento di condominio. L’amministratore così revocato avrà diritto esclusivamente al compenso per l’opera svolta ed al rimborso delle spese eventualmente anticipate, senza alcun diritto al risarcimento del danno. In ogni caso la revoca senza giusta causa deliberata dall’assemblea con il raggiungimento del quorum previsto per legge ma che sia intervenuta prima della scadenza annuale del mandato, legittima l’amministratore uscente
a chiedere ed ottenere il compenso professionale pattuito all’atto di accettazione della nomina. Pertanto, l’amministratore destituito prematuramente e senza giusta causa dalla carica e che non abbia ricevuto il compenso spettante potrà adire le vie legali per far valere il suo diritto. Dibattuta è la questione relativa al quantum debeatur del compenso professionale dell’amministratore uscente. La giurisprudenza prevalente ritiene che l’amministratore abbia diritto solo alla minor somma da liquidare in proporzione al periodo di effettiva esecuzione della carica e non già all’integrale compenso pattuito all’atto della nomina per la durata annuale del mandato. Ciascun condomino può legittimamente proporre un ricorso al giudice volto ad ottenere la revoca dell’amministratore. Tuttavia la proposizione del ricorso è subordinata alla sussistenza di particolari cause che legittimano la richiesta giudiziale di revoca. Precisamente il codice civile all’art. 1129, comma 11, stabilisce che la revoca dell’amministratore può essere chiesta dal singolo condomino direttamente all’autorità giudiziaria nei seguenti casi: nel caso previsto dall’art.1131, comma 4, ossia quando l’amministratore non abbia informato il condominio circa le citazioni o i provvedimenti dell’autorità amministrativa notificategli e che riguardino questioni che esorbitano dalle attribuzioni sue proprie; nel caso in cui l’amministratore non abbia reso il conto della sua gestione; nel caso di gravi irregolarità commesse dall’amministratore. Spesso si tratta di gravi irregolarità fiscali consistenti nel non aver adempiuto l’obbligo di apertura del conto corrente condominiale o non averlo utilizzato per la gestione condominiale. Ai sensi dell’art. 1129 c.c., comma 12, le ipotesi di gravi irregolarità cui può incorrere l’amministratore sono le seguenti: 1) l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge; 2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea; 3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma; 4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;
5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio; 6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;
7) l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9); quando non convochi l’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale annuale entro 180 giorni dalla sua redazione; quando non comunichi o comunichi in modo incompleto i propri dati, si rifiuti di fornire dati aggiornati sullo stato dei pagamenti, non curi la tenuta dei registri obbligatori o non fornisca al condominio che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti, degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso. 8) l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo. Il giudice investito della richiesta di revoca si pronuncia in camera di consiglio con decreto motivato, sentite le parti in contraddittorio. Avverso il provvedimento potrà essere proposto reclamo alla Corte d’Appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o comunicazione. Nel corso del giudizio di revoca l’amministratore “accusato” di mala gestio o di conflitto d’interesse potrà far valere le proprie ragioni dinanzi al giudice, dovendo dimostrare di aver espletato diligentemente l’incarico. Pertanto, i possibili esiti del giudizio in oggetto sono due: accoglimento o rigetto della domanda di revoca. Il giudice se valuta le prove in maniera favorevole per l’amministratore, ossia nel caso in cui non abbia riscontrato l’esistenza di gravi irregolarità ricollegabili all’operato dell’amministratore, rigetta la richiesta e l’amministratore potrà legittimamente continuare ad espletare
l’incarico sino alla scadenza del mandato. Diversamente, se il giudice accerta l’esistenza di gravi irregolarità accoglie la richiesta di revoca, con conseguente risoluzione del contratto di mandato e possibilità per i condomini di azionare la tutela risarcitoria. Una volta intervenuta la revoca giudiziale, l’amministratore così revocato non potrà più essere nominato. Appare opportuno ricordare che il giudizio di revoca appartiene alla categoria della volontaria giurisdizione, ragion per cui eventuali pretese risarcitorie nei confronti dell’amministratore destituito dalla carica andranno avanzate in separata sede di giudizio. Precisamente dovrà instaurarsi un autonomo giudizio di cognizione volto alla determinazione dei danni cagionati ai condomini.
Nell’ipotesi di accoglimento della domanda risarcitoria, il condomino ricorrente ha diritto di rivalersi nei confronti del condominio, che a sua volta potrà poi agire in rivalsa nei confronti dell’amministratore revocato.